1943 La nostra Storia, 2003

Sono storie di gente per bene che non danno notorietà né fama. Le ho raccolte tra gli ultraottantenni rimasti e che allora erano poco più che adolescenti. Dalla guerra molti non sono tornati ma hanno lasciato vedove, orfani e madri con il cuore in gola. Le loro memorie sono scucite, dislocate ma corrono su emozioni e immagini ancora intatte e dolorose. Mi sono incuneata tra questi ricordi per cercare di ricucire le ferite della paura, della lontananza, dell’assenza e dell’estraneità. Ho traforato le cose che loro avevano rimosso e che stentano a riemergere. Storie di uomini che hanno conosciuto la prima linea, il fronte di guerra, la prigionia o la retrovia e l’ausiliarietà. Ma ho voluto dare un taglio anche al femminile. Adolescenti rimaste in paese soffrendo le conseguenze e gli effetti di un conflitto per loro assurdo che portava via i loro padri fratelli fidanzati e, ad alcune più mature, mariti e figli.
Le madri non ci sono più e, se qualche moglie è rimasta, ormai l’età ha giocato il suo ruolo. Quelle adolescenti, oggi donne mature, ricordano la fame, le restrizioni, gli allarmi, il coprifuoco. Sono donne mediamente su 70 anni che si portano ancora sulla pelle quell’adolescenza coatta. Alcune parlano delle loro memorie, altre intrecciano i loro ricordi con i racconti dei fidanzati che posi sono diventati mariti. Le orfane parlano dei padri appena conosciuti e fugacemente abbracciati oppure sentiti raccontare. Appena il tempo di concepirle nello spazio di una licenza e niente più. Ci sono quindi storie dirette e indotte, nate dalla complicità e dall’affetto. Donne di stazza antica cui non faceva difetto la fatica né le difficoltà. Elementi trainanti. Il cui destino quello dell’attesa.