Biografia




Nascere a Parigi o a Londra o a Sidney che differenza fa?
Il nascituro non ha la consapevolezza di questa scelta. E nascere a Monte Urano piuttosto che a New York?
Io ci sono nata a Monte Urano e tuttora ci vivo al numero civico 5 di Piazza Marconi.
Era il 25 febbraio del 1938.
Non si arrivava a duemila abitanti con un tasso alto di analfabetismo ma tanta voglia di lavorare e di crescere. Cadeva il carnevale e mio padre, dopo essersi accertato che ero venuta al mondo accudita da un piccolo matriarcato di mia nonna materna Teresa e delle tre sorelle di mia madre, Maria Viola Dosolina, se ne andò nell’unica sala da ballo del paese e offrì un brindisi a tutti i presenti.
È stato un uomo perbene. Un forte senso della famiglia, dell’onesta e del lavoro e un amore sviscerato per i figli a cui ha dato tutto con dedizione ma anche con severità. Si chiamava Virginio ed era l’ultimo di quattro maschi di una famiglia di mastri muratori. Un eccellente patriarcato di artigianato artistico dal bisnonno al nonno, al padre, al figlio.
Matriarcato su linea materna a fronte del patriarcato paterno. Una bella combinazione di famiglie che si conoscevano da sempre.
Mia madre è cresciuta tra le suorine della Sacra Famiglia che avevano una scuola di ricamo. Voleva farsi suora più per imitazione che per vocazione tanto che a sedici anni si è fidanzata con mio padre e l’ha sposato a ventisei.
La mia è stata un’infanzia felice anche dopo la nascita di mio fratello Arnoldo, nato quattro anni dopo di me.
I miei studi un po’ irregolari. La primina a cinque anni dalle suore. Un’interruzione dopo la quinta classe fino a quattordici anni quando ho ripreso gli studi ma privatamente. Ho recuperando facendo privatamente in sei mesi i tre anni di scuola media con degli insegnati di Sant’Elpidio a Mare che mi piace ricordare. La professoressa Leda Offidani per italiano e latino, con il fratello Germano matematica e disegno mentre con il professor Malvestiti Tullio francese.
Poi il salto al quarto ginnasio del liceo Annibal Caro di Fermo. Cinque anni di studi seri e canonici. Avrei voluto fare il medico ma mi sono fatta forviare dall’apprensione di mia madre. Nel 1958, l’anno in cui ho conseguito il diploma di licenza liceale, la donna non era ancora ben vista in certi ambienti. Mio padre invece aveva appoggiato questo mio desiderio ma anche lui ha ceduto alle pressioni della moglie che amava molto e dalla quale in qualche modo dipendeva, nonostante la sua determinazione.
A mia madre l’ho sempre rimproverato quasi fino alla fine dei suoi giorni anche quando ormai ero una docente di lettere affermata e felice di esserlo. Oggi non so ancora se ha avuto ragione lei o avevo ragione io. Mi è rimasto qualcosa di irrisolto tanto che a sessantasette anni mi sono laureata in Filosofia quasi alla ricerca di qualcosa che potesse ancora gratificarmi. Ancora oggi mi scriverei a medicina e ci butto ogni tanto un pensiero.
Sono molto ostinata nelle cose in cui credo e mi rimane sempre il magone dell’irrisolto. In ogni modo la mia vita professionale è stata molto gratificante direi la parte migliore del mio percorso. Ho insegnato per quarant’anni e ho smesso nel 2005 ma nel frattempo, nell’ultimo anno, avevo preso un impegno istituzionale, consigliere di maggioranza nel comune di Monte Urano. All’inizio quasi una forzatura poi mi si è accesa una grande passione come mai avrei pensato. L’ho fatto per cinque anni ma non mi sono presentata per la seconda legislatura, con dispiacere ma ho dovuto farlo. Comunque non mi sono del tutto allontanata dalla politica attiva perché sono membro del circolo PD di Monte Urano.
La poesia è stata un’acquisizione tardiva. I primi versi nel periodo da matricola quando frequentavo la Sapienza di Roma e legati agli amori di quell’età. Il mio primo volume Danza d’Amore nel 1989, la seconda raccolta Il Passo della Signora nel 1990, la terza La Tana del Nibbio nel 1994, nel 2000 Poesia, nel 2006 Paradigma mentre la sesta raccolta è in cantiere.
Mi piace molto scrivere ma me ne sono accorta tardi. Forse mi portavo dietro il complesso di Gavino Ledda per dei ritardi di acculturazione. Oggi posso dire di aver superato quei complessi seppure così li vogliamo chiamare.
Una grande fatica, un grande lavoro mi ha accompagnato in tutti questi anni. Posso dire di non aver mai smesso di essere alunna. Ancora oggi, a settantadue anni, studio sistematicamente quattro ore al giorno. Ho imparato ad usare il computer da poco e me la cavo abbastanza bene. Sto pensando di perfezionare il mio francese e inglese che sono rimasti a livello scolastico. Non mi piacciono i corsi. Penso di far venire a casa a vivere con me, per un periodo necessario, una persona di madrelingua. Solo così si può imparare a parlare, sulle urgenze della quotidianità.
Ho sempre guardato le biografie scritte da altri in terza persona con molta tristezza, ecco perché ho preferito scrivermela da sola.
Finora ho parlato della mia vita professionale e non ho ancora detto una parola della mia vita affettiva. Anche questa un po’ anomala e meriterebbe almeno la scrittura di un romanzo breve. Mi limito a dire che mi sono sposata a trentasei anni, pur avendo conosciuto quello che sarebbe diventato mio marito a venticinque. Una scelta che rifarei con qualche piccolo ritocco. Da questo matrimonio non sono nati figli un po’ per pigrizia un po’ per scelta. Oggi sono vedova e ci è voluto tempo per abituarmi a riorganizzare da sola la mia vita privata. Credo di esserci riuscita non senza fatica. Quanto meno ho superato l’impasse dei primi due anni. Mi sono reimmersa nel flusso e ho scoperto cose nuove così ho allargato a ventaglio i miei interessi. Certo non mi faccio mancare i momenti di svago e di divertimento come viaggi, teatro e quant’altro ma non mi sono legata più a nessun uomo.
Come sarà il seguito non lo so ma avrei ancora tanti desideri da soddisfare.